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Digestione e ansia: qual è il legame?

Apparato digerente e nervoso sono strettamente connessi fra loro, tanto da influenzarsi reciprocamente.


«Il cibo rappresenta per molte persone una gratificazione immediata e facilmente fruibile, una compensazione alle proprie ansie e insoddisfazioni. Non per caso in situazioni di stress aumenta il desiderio di dolci o di una abbondante pastasciutta: i carboidrati hanno infatti una funzione ansiolitica», spiega Tiziana Stallone, biologa e nutrizionista.


L’ansia può infatti giocare un ruolo chiave nel nostro atteggiamento a tavola e nell'orientare i nostri gusti. D'altra parte, questo stato emotivo può anche interferire con i meccanismi digestivi, dalla bocca all'intestino. Abbiamo sperimentato tutti come lo stress o il sentirci sotto pressione possa aumentare o farci passare l'appetito, spingerci a masticare e ingoiare i cibi velocemente (si pensi al classico panino al bar divorato in tre bocconi che rimane sullo stomaco quando si torna alla scrivania), imporci di correre al distributore automatico in corridoio per prelevare una merendina confezionata che normalmente non ci sogneremmo mai di mangiare.


Lo stretto legame tra sistema digerente e nervoso


«Lo stato emotivo (l'ansia, in particolare, è un'allerta in previsione di un potenziale pericolo, a volte solo immaginario) ha una ripercussione importante sul sistema digerente. Un caso tipico è quello della donna in gravidanza che soffre di nausee nel primo trimestre: cercare distrazioni in hobby rilassanti, letture, passeggiate è un modo per migliorare la situazione, perché, al contrario, l'ansia e le preoccupazioni eccessive possono peggiorarle. Anche quando subiamo uno spavento o proviamo una grande paura, una tensione per un esame, il semplice timore di arrivare in ritardo al lavoro perché siamo bloccati nel traffico può verificarsi una reazione vagale che causa mal di stomaco, una forte nausea fino al vomito o un improvviso bisogno di correre in bagno: l'adrenalina sparata nel circolo sanguigno nella situazione di stress agisce anche sul tratto digerente e la motilità dell'intestino viene influenzata e accelerata dallo stato d'ansia», sottolinea Tiziana Stallone.

«Così, se uno stato d'ansia latente favorisce la secrezione gastrica causando fame, uno stato d'ansia acuto – un dolore molto forte per un lutto, una separazione, un fallimento sul lavoro - è in grado anche di togliere la fame. Le reazioni vagali, insomma, influenzano tanto la digestione quanto l'appetito». Il sistema digerente e il sistema nervoso sono infatti strettamente connessi e la psicologia entra in gioco in molte reazioni fisiche.





Il “secondo” cervello


Quando si parla di apparato digerente ci si riferisce in genere a quella parte del corpo che serve solo ad alimentarsi. Ma è evidente che si tratta di un sistema di organi molto più complesso.

L’energia chimica contenuta nei cibi si trasforma in energia meccanica (per svolgere le attività) e termica (che produce calore). Per ottenere l'energia, l'organismo deve trasformare gli alimenti digerendoli, cioè scomponendoli in parti più piccole e più semplici, fino a ridurli allo stato di molecole assimilabili e trasportabili attraverso il sangue e il sistema linfatico, fornendo a tessuti e organi ciò che serve per mantenerli e farli funzionare.

Il processo comincia in bocca, con la masticazione, continua nello stomaco dove il cibo arriva passando da faringe ed esofago. Qui i succhi gastrici continuano la separazione dei componenti nutrizionali, finché passano nell’intestino tenue dove, spinti dai movimenti delle pareti (movimenti peristaltici), attraverso le pareti intestinali vengono assorbiti dal sangue, previo filtraggio del fegato. I prodotti di scarto, ridotti a feci, percorrono l’intestino crasso e vengono eliminati.

Ma l'apparato digerente ha un ruolo importante nel funzionamento complessivo dell’organismo: nella mucosa intestinale e nel pancreas vengono prodotti ormoni che agiscono anche a distanza, fino a cervello e surreni, e possono fungere da neurotrasmettitori. Ancora, attraverso i linfociti, l'intestino svolge anche una funzione di difesa contro le infezioni (tanto che è qui che possono partire allergie e intolleranze ai cibi, e patologie come la celiachia).

Per tutti questi motivi da qualche tempo si parla dell'apparato digerente, e in particolare dell’intestino, come di “secondo cervello”, ed è intuitivo quanto lo stress possa influenzarne il funzionamento.


La medicina psicosomatica

Quando le emozioni modificano l'attività dei nostri organi senza che noi possiamo controllarli si parla di “somatizzazione”: l’intestino (ma pensiamo anche a dermatiti o cefalee, per esempio) è molto sensibile a spaventi, preoccupazioni, rabbia e la reattività ne provoca contrazioni intense e disordinate, con dolori e diarrea o stipsi, senso di pienezza dello stomaco e gonfiore addominale (meteorismo). Una situazione che viene spesso definita sindrome del colon irritabile (non a caso, usando un aggettivo che indica anche uno stato emotivo).

Anche la gastrite è una tipica somatizzazione delle situazioni che ci “stanno sullo stomaco”. Ma ci possono essere anche altre reazioni, in altri “distretti” corporei: insonnia, sudorazioni improvvise, palpitazioni, tachicardia (pulsazioni irregolari), fino ad attacchi di panico. Ma se ci si sottopone a esami specifici, non si trova niente che non va nel funzionamento dell'intestino e nemmeno malattie. Quello che entra in gioco è la nostra mente.

Il recente cambiamento avvenuto nella medicina psicosomatica è stato lo spostamento della sede da cui parte tutto questo meccanismo. In passato si riteneva che tutto partisse dal cervello. Ma studi sempre più approfonditi hanno messo in luce che è l'intestino stesso che elabora emozioni, è reattivo alle sollecitazioni esterne, soffre o sta bene in piena autonomia, producendo quasi tutta la serotonina – ormone che regola la peristalsi, ma anche umore, sonno, dolore – rilasciandola in base al cibo che mangiamo, ma anche sotto l'influenza di emozioni e stimoli esterni come clima, farmaci, attività ecc.

Ed ecco che le variazioni di questa sostanza causano ansia, paura, angoscia, depressione e così via. Una comunicazione che va nei due sensi, insomma: il cervello, per esempio sotto stress, manda segnali all'intestino, influenzandone il funzionamento, ma anche alterazioni del funzionamento dell'intestino causano variazioni dell'umore e del comportamento.


Come non “somatizzare”

Ci sono rimedi alle somatizzazioni? La risposta è semplice e complessa insieme. In un mondo ideale, stando alla larga dalle cause, innanzitutto dalle situazioni di stress. In quello reale, cercando almeno di limitarne di danni, lavorando su noi stessi, sul modo in cui ci mettiamo in relazione con gli altri e sullo stile di vita, praticando attività che permettono di “scaricare” la tensione:

  • attività fisica

  • sport

  • yoga

  • passeggiate all'aria aperta e nella natura

  • ballo

  • ascolto della musica

  • frequentazione di mostre, teatro e conferenze (a seconda dei gusti, qualsiasi cosa che ci dia piacere, insomma)

  • letture

  • giardinaggio.


Anche in questi casi, ti consigliamo di rivolgerti ad un esperto che possa consigliarti il metodo migliore e più adatto a te!

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