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Immagine del redattoreGruppo Sadel

Il Trichomonas vaginalis

Il Trichomonas vaginalis è un protozoo flagellato responsabile della tricomoniasi, l’infezione sessualmente trasmessa (IST) più diffusa nel mondo.

Trasmissione

La tricomoniasi si trasmette principalmente attraverso tutti i tipi di rapporti sessuali (vaginali, anali, orali), ma esiste la possibilità di contrarre l’infezione anche scambiando la biancheria, gli asciugamani e i sex toys.

Se viene contratta in gravidanza può associarsi a parto pretermine. La trasmissione perinatale è rara, ma sono stati segnalati casi di tricomoniasi nei neonati di sesso femminile durante il passaggio nel canale del parto, caratterizzati da infezioni del tratto urinario e vaginale.




La tricomoniasi è associata a un maggior rischio di contrarre o trasmettere l’HIV ed è frequentemente associata ad altre IST, costituendo un indicatore di comportamento sessuale a rischio.

Sintomatologia

Nel 10-50% dei casi l’infezione decorre in modo asintomatico. Le manifestazioni cliniche, quando rilevabili, compaiono dopo 4-28 giorni dall’infezione.

Nelle donne possono essere presenti prurito o bruciore ai genitali esterni e perdite vaginali giallastre, schiumose e maleodoranti. Gli uomini possono presentare una modesta secrezione uretrale e bruciori urinari.

Decorso

Le complicanze sono rare e si verificano di solito in assenza di trattamento. Nelle donne, molto raramente, l’infezione può estendersi all’utero e portare a sterilità. Negli uomini, sono state descritte irritazioni al pene, infiammazioni della prostata e, raramente, sterilità.

Diagnosi

La diagnosi clinica di tricomoniasi non sempre è possibile poiché l’infezione è spesso asintomatica e i sintomi, se presenti, sono minimi o aspecifici. Per la diagnosi è quindi necessario effettuare dei test di laboratorio che si eseguono su tampone vaginale per la donna, tampone uretrale per l’uomo o su un campione di urina per entrambi. Tradizionalmente il metodo più comune, rapido ed economico per la diagnosi di Trichomonas vaginalis è l’esame microscopico a fresco del secreto vaginale o uretrale; tuttavia questo esame ha una sensibilità bassa (del 60-70% nella donna e del 30% nell’uomo, inoltre il campione deve essere analizzato entro pochi minuti dal prelievo per evitare di avere un risultato falsamente negativo.

La coltura è stata a lungo considerata il gold standard per la diagnosi di infezione da Trichomonas vaginalis. Possiede una sensibilità del 90-96% risultando positiva già a minime concentrazioni di microrganismi. Il campione ideale nelle donne è la secrezione vaginale e negli uomini la secrezione uretrale e l’urina.

Attualmente i test più sensibili e specifici per la diagnosi di infezione da Trichomonas vaginalis sono quelli di amplificazione degli acidi nucleici (NAATs), eseguiti su campioni vaginali, endocervicali o di urina nelle donne e su campioni uretrali o di urina negli uomini.

Sono in commercio, per la diagnosi di infezione da Trichomonas vaginalis, anche i test di amplificazione degli acidi nucleici (NAATs), con una sensibilità superiore alla coltura e pari al 100% che si possono eseguire su campioni vaginali, endocervicali o di urina nelle donne e su campioni uretrali o di urina negli uomini. Queste tecniche possono tuttavia avere dei costi più elevati e una procedura di esecuzione più complessa.

Trattamento

Il trattamento della tricomoniasi si basa sulla somministrazione orale di metronidazolo o di tinidazolo.

Durante il periodo della terapia va evitata l’assunzione di bevande alcoliche (fino a 24 ore dopo la fine della terapia con metronidazolo, e fino a 72 ore con tinidazolo). Considerata l’alta incidenza di reinfezioni nelle donne è raccomandato un controllo successivo alla terapia da effettuare entro 3 mesi dal trattamento iniziale.

I partner sessuali devono essere ugualmente trattati ed è indicata l’astensione dai rapporti sessuali durante tutta la terapia, fino alla completa guarigione di entrambi.

Nelle donne in gravidanza con sintomi suggestivi di infezione da Trichomonas vaginalis è indicato il trattamento con metronidazolo in qualsiasi epoca gestazionale; il trattamento previene anche l’eventuale tricomoniasi neonatale, evento peraltro raro. Durante l’allattamento il metronidazolo può essere somministrato con un’interruzione al momento dell’ingestione del farmaco e per le 24 ore successive.

Nelle donne un’infezione persistente può essere associata a un’antimicrobico-resistenza nei confronti del metronidazolo (nel 4-10% dei casi) e del tinidazolo (nell’1% dei casi).

Prevenzione

Il rischio di trasmissione della tricomoniasi può essere ridotto utilizzando il preservativo in modo corretto e costante e limitando il numero dei partner. Tuttavia i preservativi non coprono tutte le aree che possono essere infettate e quindi non proteggono completamente dall’infezione. Per evitare una reinfezione è importante che vengano trattati anche i partner sessuali e che vengano evitati i rapporti sessuali fino alla completa guarigione. Attualmente lo screening di routine non è raccomandato alle donne in gravidanza.

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