L’infezione da Hpv (dall’inglese Human papilloma virus) è molto frequente nella popolazione e si trasmette prevalentemente per via sessuale. La stragrande maggioranza delle infezioni è transitoria e asintomatica. Tuttavia, se l’infezione persiste, può manifestarsi con una varietà di lesioni della pelle e delle mucose, a seconda del tipo di Hpv coinvolto. Alcuni tipi di Hpv sono definiti ad alto rischio oncogeno poiché associati all’insorgenza di neoplasie. Il tumore più comunemente associato all’Hpv è il carcinoma del collo dell’utero (cervicocarcinoma o carcinoma della cervice uterina), che è il primo cancro a essere riconosciuto dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) totalmente riconducibile a un’infezione.
I papillomavirus
I papillomavirus umani sono piccoli virus a Dna. Ad oggi sono stati identificati oltre 100 tipi di Hpv che infettano l’uomo e, tra questi, circa 40 sono risultati associati a patologie del tratto ano-genitale, sia benigne che maligne. I diversi tipi di Hpv vengono distinti in tipi ad alto e basso rischio di trasformazione neoplastica. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha confermato l’evidenza oncogena per 12 tipi di Hpv [1]. Alcuni tipi hanno una tendenza a progredire in cervicocarcinoma maggiore di altri. Si stima, infatti, che Hpv 16 e Hpv 18 siano responsabili di oltre il 70% dei casi di questo tumore. Includendo anche i tipi di Hpv 45, 31, 33, 52, 58 e 35 sono coperti quasi il 90% dei tumori della cervice [2,3]. I tipi di Hpv a basso rischio sono associati a lesione benigne come i condilomi genitali [4].
Modalità di trasmissione
Il virus Hpv si trasmette per via sessuale, attraverso il contatto con cute o mucose. I microtraumi che avvengono durante i rapporti sessuali potrebbero favorire la trasmissione. La trasmissione attraverso contatti genitali non penetrativi è possibile [5], pertanto l’uso del preservativo, sebbene riduca il rischio di infezione, non lo elimina totalmente dal momento che il virus può infettare anche la cute non protetta dal profilattico.
Numerosi studi concordano nel ritenere la giovane età, il numero dei partner sessuali e la giovane età al momento del primo rapporto sessuale, i fattori di rischio più rilevanti per l’acquisizione dell’infezione da Hpv [6].
Storia dell’infezione
L’infezione da Hpv è molto frequente nella popolazione: si stima infatti che fino all’80% delle donne sessualmente attive si infetti nel corso della vita con un virus Hpv, con un picco di prevalenza nelle giovani donne fino a 25 anni di età [7,8]. La storia naturale dell’infezione è fortemente condizionata dall’equilibrio che si instaura fra ospite e virus. Esistono, infatti, tre possibilità di evoluzione dell’infezione da Hpv: regressione, persistenza e progressione.
La maggior parte delle infezioni da Hpv è transitoria, perché il virus viene eliminato dal sistema immunitario prima di sviluppare un effetto patogeno [8]. Il 60-90% delle infezioni da Hpv, incluse quelle da tipi oncogeni, si risolve spontaneamente entro 1-2 anni dal contagio [9,10]. La persistenza dell’infezione virale è invece la condizione necessaria per l’evoluzione verso il carcinoma. In questo caso, si possono sviluppare lesioni precancerose che possono progredire fino al cancro della cervice. In caso di infezione persistente, il tempo che intercorre tra l’infezione e l’insorgenza delle lesioni precancerose è di circa 5 anni, mentre la latenza per l’insorgenza del carcinoma cervicale può essere di decenni (20-40 anni) [8].
Il fumo di sigaretta, l’uso di contraccettivi orali, l’elevato numero di parti, la presenza di altre malattie sessualmente trasmesse sono cofattori nella carcinogenesi cervicale [5,6,9], favorendo la progressione da infezione a lesioni preneoplastiche.
Possibili esiti dell’infezione
Complessivamente l’elevata prevalenza e la breve durata della maggior parte delle infezioni indicano che l’infezione da Hpv è un evento comune, di cui il cervicocarcinoma rappresenta un esito raro. Tuttavia, esso rappresenta il quarto tumore più frequente nel sesso femminile, con una stima di 528.000 nuovi casi all’anno e 266.000 decessi nel mondo nel 2012 (la maggior parte dei quali nei Paesi in via di sviluppo). Nel 2012 si stima che in Italia si siano verificati circa 1500 nuovi casi di cervicocarcinoma e 700 decessi, con una riduzione di circa il 30% rispetto al 2002.
Inoltre, i tipi oncogeni di Hpv, oltre ad essere responsabili della totalità dei tumori della cervice uterina, sono responsabili di circa il 90% dei tumori dell’ano, 70% dei tumori della vagina, 50% dei tumori del pene e 40% dei tumori della vulva. L’Hpv risulta inoltre responsabile del 26% dei tumori dell’orofaringe (inclusi i tumori delle tonsille e della base della lingua). Studi epidemiologici hanno rilevato Dna di Hpv a basso rischio nel 100% dei condilomi ano-genitali, attribuibili nella maggior parte dei casi ad Hpv 6 e Hpv 11. Anche il 100% dei casi di papillomatosi respiratoria giovanile ricorrente sono attribuiti ad Hpv 6 e 11 nella quasi totalità dei casi.
Prevenzione secondaria: Pap test e Hpv test
La prevenzione secondaria del cervicocarcinoma si attua attraverso la diagnosi precoce di potenziali precursori del carcinoma invasivo.
Fino a poco tempo fa, l’unico modo per prevenire il carcinoma cervicale era attraverso il pap-test: uno screening citologico cervicale che consente di identificare le lesioni precancerose e di intervenire prima che evolvano in carcinoma.
Programmi di screening del cervicocarcinoma basati sul Pap-test sono in atto da molti anni nella maggior parte dei Paesi industrializzati; in Italia è tuttora raccomandato ogni tre anni per le donne tra 25 e 64 anni. Si stima che il Pap-test eseguito a intervalli regolari di 3-5 anni riduca il rischio di sviluppare un tumore cervicale invasivo di almeno il 70%.
Secondo i dati del sistema di sorveglianza Passi (Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia) [11], il 78,7% delle donne 25-64enni delle Asl che hanno partecipato all’indagine nel periodo 2010-2014 ha eseguito un test di screening preventivo del tumore della cervice uterina nel corso dei tre anni precedenti l’intervista. Di queste, il 41,7% delle donne ha eseguito il Pap-test nell’ambito dei programmi organizzati di screening offerti dalla Asl, mentre il 36,5% ha eseguito il Pap-test su iniziativa personale, al di fuori dei programmi organizzati.
Oggi esiste un’ulteriore possibilità di screening, attraverso l’Hpv test. Si tratta di un test molecolare che ricerca il Dna di Hpv ad alto rischio oncogeno. Esiste ormai una chiara evidenza scientifica che uno screening primario con test clinicamente validati per il Dna di Hpv oncogeni e con un protocollo appropriato è più efficace dello screening basato sul pap-test nel prevenire i tumori invasivi del collo dell’utero [12].
L’Italia si avvia a essere uno dei primi Paesi a effettuare questo cambiamento nel test di screening primario e applicarlo alla vasta rete degli screening organizzati. Il test Hpv come test di screening primario è stato recentemente introdotto in alcune Regioni come Toscana, Basilicata, Lazio e Piemonte.
Prevenzione primaria: vaccinazione
Il ruolo eziologico dell’Hpv nell’insorgenza dei tumori cervicali ha aperto la strada alla prevenzione primaria attraverso la vaccinazione. Al momento sono disponibili due vaccini preventivi contro l’Hpv: il vaccino quadrivalente e il vaccino bivalente, autorizzati in Europa a settembre 2006 e 2007 rispettivamente.
Ambedue i vaccini sono indicati contro le lesioni genitali precancerose della cervice uterina, della vulva e della vagina e del cancro della cervice uterina causati da Hpv 16 e Hpv 18. Il vaccino quadrivalente è indicato anche per la protezione contro le lesioni preinvasive e invasive dell’ano da Hpv 16 e 18 e protegge contro Hpv 6 e Hpv 11, responsabili del 90% dei condilomi genitali. Entrambi i vaccini hanno mostrato un certo grado di cross-protezione anche verso altri tipi oncogeni di Hpv. Per entrambi i vaccini la schedula raccomandata consiste nella somministrazione, per via intramuscolare, di due dosi di vaccino a 0 e 6 mesi (con una certa flessibilità della seconda dose) nei soggetti fino a 14 anni per il bivalente e a 13 anni per il tetravalente. Oltre questa età, sono previste tre dosi: a 0-1-6 mesi e 0-2-6 mesi rispettivamente.
I vaccini sono stati valutati a partire dai 9 anni di età. Entrambi i prodotti inducono una risposta immune in oltre il 90% dei soggetti vaccinati e hanno mostrato un ottimo profilo di sicurezza. Per ambedue i vaccini ci sono studi che indicano la persistenza di anticorpi circa 9 anni dopo la vaccinazione, pertanto ad oggi non è indicata una dose di richiamo.
L’efficacia clinica del vaccino è stata valutata in donne tra 16 e 45 anni e oltre. L’efficacia vaccinale nel prevenire le lesioni precancerose correlate ai tipi contenuti nel vaccino è stata del 90-100% nelle donne che non erano state infettate dai tipi di Hpv contenuti nel vaccino; l’efficacia si riduce a circa il 50% se si considerano anche le donne infettate con almeno uno dei tipi di Hpv contenuti nel vaccino, e quelle che non avevano completato il ciclo vaccinale. Pertanto, per garantire la massima efficacia della vaccinazione, l’Oms raccomanda di immunizzare le ragazze prima del debutto sessuale [13], indicando le preadolescenti tra i 9 e i 13 anni di età come target primario della vaccinazione.
Il vaccino quadrivalente è stato studiato anche nella popolazione maschile, mostrando un buon profilo di sicurezza e immunogenicità. Nei maschi il vaccino è stato dimostrato essere efficace nella prevenzione del 90% dei condilomi genitali dovuti a tipi di Hpv contenuti nel vaccino; i dati di efficacia disponibili per le lesioni genitali precancerose sono promettenti ma devono essere consolidati attraverso studi su popolazioni più ampie.
In Italia la vaccinazione è offerta attivamente e gratuitamente alle ragazze nel dodicesimo anno di vita dal 2007 [15], con un’adesione di circa il 70% [14]. In sette Regioni l’offerta attiva è stata progressivamente estesa anche a ragazze più grandi (la fascia di età è variabile tra le Regioni) e dal 2015 alcune Regioni offrono il vaccino anche ai maschi nel dodicesimo anno di vita.
È in corso di valutazione un nuovo vaccino 9-valente, che oltre a Hpv 6, 11, 16 e 18, assicurerebbe la protezione contro altri 7 sierotipi oncogeni. È importante sottolineare che, dal momento che i vaccini disponibili contro l’Hpv non prevengono la totalità delle infezioni da Hpv ad alto rischio, la vaccinazione non sostituisce l'abituale screening del collo dell'utero e quindi le donne devono comunque effettuare il Pap test o l’Hpv test secondo le regole dello screening nazionale.
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